Un Piccolo Racconto di Insegnamento

Quando insegnare diventa relazione e reciproco arricchimento

Martina

5/14/20243 min leggere

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Ho conosciuto V. nel 2023. Oggi ha 22 anni.

Frequentava la scuola di italiano per stranieri di una parrocchia di Milano, presso la quale avevo già svolto volontariato. Mi chiamarono per chiedermi se potevo seguirla io perché il suo livello era talmente alto da non necessitare più di corsi di base ma, soprattutto, perché voleva conoscere la letteratura italiana e fare un percorso che le permettesse di assimilarla.

La prima volta che la vidi - piccola, bellissima e con due occhi enormi, timida e al contempo sicura di sé nel giubbotto di pelle da cui non si separa mai - mi disse che era in Italia da quasi due anni, stava finendo l'università a distanza in Ucraina ed era qui, come purtroppo tant* come lei, con un permesso di soggiorno per rifugiat*.

Volle leggere con me "L'infinito" di Leopardi, entrando nel dettaglio del significato, del lessico e delle figure retoriche. Quando le dissi che mi sarebbe piaciuto costruire un percorso che le facesse conoscere al meglio la nostra cultura letteraria, mi informò che voleva iniziare da Dante, di cui già conosceva la vita. Mi citò pure il contrasto tra Guelfi e Ghibellini Bianchi o Neri. 

Da quel momento è iniziata un'avventura che dir meravigliosa potrebbe suonare smielato ma non qualificabile altrimenti. 

Con V. abbiamo letto molti canti dell'Inferno - tra cui il mio amato XXVI - e ogni volta era una sfida riuscire a farle cogliere le sfumature di una lingua che non esiste più e che, allo stesso tempo, è ancora profondamente nostra. 

Ci siamo poi dedicate al tanto bistrattato Manzoni (non sono molte le persone che ne ricordano con piacere lo studio a scuola); fare conoscere l'Innominato e la Monaca di Monza a V. è stato molto spassoso e, dal canto mio, rileggere "I promessi sposi" per l'ennesima volta ha avuto un sapore ancora diverso nel confronto con una cultura che di Renzo e Lucia non sapeva nulla.

E dopo? Seguendo un filone che avesse anche dello storico, ho proposto "Il Gattopardo", forse più tignoso proprio per quegli avvicendamenti dell'Unità e del Regno d'Italia che ne rappresentano il substrato. Poi è stata la volta de "Il nome della Rosa" grazie al quale ci siamo divertite a sciogliere enigmi e  a goderci le splendide sapienti balordaggini imbastite da Eco. 

Ad oggi siamo - finalmente aggiungo - nelle mani di una donna, Natalia Ginzburg, con il suo "Lessico familiare", il testo che V. sta trovando anche più piacevole da scoprire in solitaria, procedendo spedita nella lettura anche oltre le ore dei nostri appuntamenti. 

Ma di preciso, in cosa consistono questi ritrovi settimanali di un'ora e mezza? Ebbene, io leggo ad alta voce, V. ascolta, prende appunti, mi ferma, chiede curiosa il significato di cose che poi scopre avere la stessa radice tra ucraino e italiano (molto raro), proviamo a trovare il modo per tradurre esattamente il senso di un parola particolare, ci addentriamo in digressioni su alcuni personaggi realmente esistiti. 

E io apprendo da lei piccoli aneddoti di scrittrici e scrittori mai sentiti nominare o, al contrario, talvolta tradotti anche in Italia, sebbene troppo raramente. Frammezzate alle pillole più prettamente culturali, spunta la vita, dolceamara, difficilissima per lei, una vita che ha deciso di rifarsi qui, ripartendo da quello che ha imparato alla perfezione in pochissimo tempo, trovandosi uno spazio in una band con il suo basso elettrico, partecipando al mio gruppo di lettura a voce alta, apprendendo in modo magnetico.

Non voglio edulcorare una situazione complessa facendo passare queste lezioni come la panacea di un dramma incommensurabile, ma insegnando, si può creare almeno questo: una connessione tra culture che amplia il proprio spettro di pensieri e di immaginazione, ossigena la mente, ricava, dal quotidiano spesso opaco e ingrigito, uno spazio di salvaguardia, di solidarietà.